
Una esile ed elegante ballerina, vero e proprio elogio alla leggerezza, sembra danzare sospesa sotto il portico. E' questa figura, dai sottili e bianchi filamenti, che ci introduce a “I colori delle Donne”, un altro Flash Show dell'Associazione culturale Ars Now Seragiotto.
All'interno della Galleria, i protagonisti sono Laura Stefani e Marco Querin. Lei padovana, lui milanese giramondo, hanno accettato l'invito a confrontarsi sulla figura della donna. Cifre stilistiche, modelli e storie diverse, per raccontare, in una sala appositamente dedicata, uno spicchio dell'universo femminile. Una donna velata (Can't wait to see you), della quale possiamo vedere solo lo sguardo, forse triste, forse rassegnato, viene contrapposta da Querin alla silhouette di una donna(Bottom lines) che a noi sembra nuda, provocante ma non volgare.
La fredda geometria viene a fondersi con il calore dei fili di lana, la luminosità dei colori con i fili metallici.
Alla base, il rispetto per tutte le donne, siano esse musulmane o cristiane, ricche o povere, occidentali od orientali, famose o sconosciute.
“Hanno tutte un dna comune - sostiene convinto Querin - come se diversissimi prodotti fossero pensati e realizzati dalla stessa fabbrica. Madre Natura. Lei le ha pensate di tanti colori, ma ognuna riflette la luce in modo unico. Tutte possiedono grazia e hanno la forza di una solida radice. Ognuna di loro produce e cresce la vita. Incollano le famiglie e sono fonte di continua energia, come il sole. Se dovessi io, definire di che sesso sia il sole, bisognerebbe cambiarne l’articolo.”
Concetti d'amore espressi anche da Laura Stefani. Nel suo caso, un sentimento materno per rappresentare le proprie figlie, utilizzando maglie, pigiami costumi da bagno che, stinti, bucati ed infeltriti, non avrebbero potuto – agli occhi dei più – divenire altro che stracci. Potere dell'arte e dell'anima.
Coraggiosa, a modo suo, Laura Stefani. Celata dietro un'immagine quasi convenzionale di studiosa, madre e moglie, si nasconde infatti un'artista grintosa, la cui sfida è quella di rivalutare una materia dalla connotazione negativa, qual'è la plastica.
“Difficilmente la si ritiene bella, affascinante e calda come accade per altri materiali. Spesso la sua identità è imprigionata dall’essere un rifiuto, oltremodo problematico da smaltire. La scelta di usare la plastica – racconta Laura - è stata dettata dalla voglia di concedere, attraverso un uso non convenzionale, una seconda possibilità ad un materiale che, sgombrati i pregiudizi, ai miei occhi qualcosa di positivo aveva: la trasparenza, la leggerezza, una notevole gamma di colori, costo zero.”
Ed è così che dal semplice accostamento di fondi di bottiglie colorate nascono lavori come “Rosone di Cattedrale” e “Cuore in fiamme”. Ed è come tornare di nuovo, con una forte componente empatica, a tradurre artisticamente il concetto di donna.
Si assomigliano, in qualche modo, i due artisti, ed è una scelta consapevole condividere gli stessi spazi espositivi. Per entrambi, il gesto, le mani e le dita sono elementi caratterizzanti del loro linguaggio.
Marco Querin è una sorta di equilibrista alla ricerca di uno spazio tra idea e pratica, concetto e manualità. Una ricerca che prosegue sulla stessa via di Castellani, Manzoni, Bonalumi e che trova concretezza nell'uso del chiodo. Nella tiratura tutta manuale di fili con cui creare delle linee, dei punti, dei nodi. La tela viene addensata di materia: dalle prime sperimentazioni con le polveri (di vaniglia, zafferano...) all'approdo ai fili di rame, lana e cotone. Piccoli orti, li definisce, dove coltivare i pensieri, la memoria, il presente.
“Non ho subito traumi preoccupanti nella mia vita – scrive nel suo sito web – preferisco creare interesse nell'osservatore con impatti cromatici memorabili e piccoli cartellini didascalici, piuttosto che con il sangue che cola (anche se apprezzato in alcuni casi...)”.
Anche Laura Stefani riempie le sue opere di materia e sentimento. Ieri con le bottiglie, oggi con il pluriball,
(la moderna plastica da imballo) composto per lo più da bolle d’aria, dovendo, per su natura, attutire i colpi.
“Compongo i ritratti sostituendo pazientemente l’aria con frammenti di tessuti che differiscono tra loro per composizione, pesantezza, colore, ma che sono tutti accomunati da un’unica regola: di appartenere realmente, in un modo o nell’altro, ai soggetti ritratti.”
Così “Cellule”, ritratto del piccolo Massimo, cela tra l’altro il cotone bianco di un paio di calzettini che davvero quel bimbo ha indossato, la lana di un cappello della sua bisnonna, una stoffa pregiata per un abito da uomo, augurio per i giorni che verranno. Anche per “Peggy” sono state usati asciugamani, coperte, cuscini appartenuti al cane. Lo stesso per gli emozionanti ritratti delle tre figlie.
Due artisti che non hanno paura di farci scoprire quanto siano belli “I colori delle donne”. Lei, Laura Stefani, attraverso la plastica “materia incredibilmente carica di sentimento”. Al punto da tradurre , suo tramite, emozioni importanti come l'amore e la famiglia. Lui, che alla forza delle sue opere ci aggiunge la forza dei titoli (semplici e diretti) e della poesia: “ Cromaticamente – scrive Marco Querin – i colori di tutte le donne del mondo creerebbero l'arcobaleno più completo e radiante. La mia donna è turchese, ma ha lo stesso dna come tutte. Lei, dentro di se, ha tutti i colori.”
Questa esposizione non si fa remore concettuali a mostracene una gran parte.
Padova 2011
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